Epifania
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Nel folclore italiano, la Befana (corruzione lessicale di Epifania, lat. *epiphanĭa per il tardo epiphanīa, greco ἐπιφάνεια, epifáneia, attraverso bifanìa e befanìa)[1] è un'anziana e malvestita signora che consegna doni ai bambini in tutta Italia alla vigilia dell'Epifania (la notte del 5 gennaio), in modo simile al Babbo Natale della tradizione nordica la notte del 24 dicembre; è una figura legata alla stagione natalizia italiana. Nel folclore natalizio, la Befana visita tutti i bambini d'Italia alla vigilia della festa dell'Epifania per riempire le loro calze di dolciumi, caramelle, frutta secca e giocattoli se si sono comportati bene. Altrimenti, coloro che si sono comportati male trovano le calze riempite con del carbone o dell'aglio.[2][3] In molte parti più povere d'Italia, al posto del carbone veniva messo un bastone in una calza. Essendo una brava governante, molti dicono che spazzerà il pavimento prima di andarsene. Per alcuni "spazzare via" significa spazzare via i problemi dell'anno. La famiglia del bambino in genere lascia per la Befana un bicchierino di vino e un piatto con qualche boccone, spesso regionale o locale. Di solito è ritratta come una donna anziana che vola a cavallo di una scopa con indosso uno scialle nero ed è ricoperta di fuliggine perché entra nelle case dei bambini attraverso il camino. Sorride spesso e porta una borsa, un sacco o un cesto pieno di caramelle, regali o entrambi.
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Storia
L'origine è connessa a un insieme di riti propiziatori pagani[4], risalenti al X-VI secolo a.C., in merito ai cicli stagionali legati all'agricoltura, ovvero relativi al raccolto dell'anno trascorso, ormai pronto per rinascere come anno nuovo, diffuso nell'intera Italia, attraverso una commistione di antichi culti europei, come quello celtico, legati all'inverno boreale.
Gli antichi Romani ereditarono tali riti, associandoli quindi al calendario romano, e celebrando, appunto, l'interregno temporale tra la fine dell'anno solare, fondamentalmente il solstizio invernale e la ricorrenza del Sol Invictus[5]. La dodicesima notte dopo il solstizio invernale, si celebrava la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura. I Romani credevano che in queste dodici notti (il cui numero avrebbe rappresentato sia i dodici mesi dell'innovativo calendario romano nel suo passaggio da prettamente lunare a lunisolare[6], ma probabilmente associati anche ad altri numeri e simboli mitologici[7]) delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti[8], da cui il mito della figura "volante". Secondo alcuni, tale figura femminile fu dapprima identificata in Diana, la dea lunare non solo legata alla cacciagione, ma anche alla vegetazione, mentre secondo altri fu associata a una divinità minore chiamata Sàtia (dea della sazietà), oppure Abùndia (dea dell'abbondanza).
Un'altra ipotesi collegherebbe la Befana con un'antica festa romana, che si svolgeva sempre in inverno, in onore di Giano e Strenia (da cui deriva anche il termine "strenna") e durante la quale ci si scambiavano regali[9].
Secondo interpretazioni largamente accettate in centro e nord Europa si richiamerebbe alla figura germanica di Perchta figura femminile diffusa in tutta Europa con nomi vagamente simili: Bertha in Gran Bretagna, Berchta in Austria, Svizzera, Francia e Nord Italia; Holda o "Frau Holle" in Germania, Frigg in Scandinavia. Si tratta sempre di una personificazione al femminile dell'inverno, e spesso viene rappresentata come una vecchia gobba con naso adunco, capelli bianchi spettinati e piedi abnormi, vestita di stracci e scarpe rotte.
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